YogAscent – Arrampicare nella consapevolezza


Versione estesa dell’articolo “YogAscent – Un’arrampicata nella coscienza” pubblicato sul numero 73 della rivista “Vivere lo Yoga

Calma e distacco. Le voci dei compagni risuonano lontane, in un’altra dimensione. Un movimento dopo l’altro le mani e i piedi fluiscono sulla roccia, precisi, armoniosi. La mente non si preoccupa di quello che sarà il passaggio successivo, né si preoccupa di quello che abbiamo appena compiuto. Istante per istante, senza giudizio, senza paura, come uno spettatore passivo osserva ciò che avviene qui, ora. Il fastidio delle scarpette sempre troppo strette, il dolore delle piccole prese sotto la punta delle dita…tutto questo scompare, in noi tutto è armonia, presenza, focalizzazione, che si manifestano attraverso la massima espressione delle capacità corporee, occupate nell’affrontare i propri limiti. Con successo concludiamo la salita… gioia e soddisfazione profonde, nessun urlo liberatorio, perché non c’è nulla da liberare, niente da esorcizzare. La consapevolezza che tutto è come realmente dovrebbe essere, è la manifestazione di ciò che siamo, fusione con la natura, nella natura, unione di corpo, mente e spirito. Unione, Yoga, nella sua realtà meditativa più profonda. Una vera e proprio meditazione in movimento in cui il nostro corpo è la nave che ci traghetta verso i lidi più elevati della nostra coscienza.


Foto di Davide Quadrio
Foto di Massimo Malpezzi
Quando si cerca la meditazione non è sempre così, chi pratica lo sa bene. La vera meditazione non è qualcosa che conquistiamo, ma è un dono che a volte riceviamo dall’alto quando meno ce l’aspettiamo. Possiamo praticare approfondite sessioni di asana, lunghe sedute di pranayama o di visualizzazione…tutto può diventare un veicolo verso mete spirituali più elevate, ma non abbiamo la certezza di riuscire a varcare sempre e sistematicamente i confini di Dhyana.
Con la pratica consapevole dell’arrampicata è lo stesso, ci spingiamo ai nostri limiti psicofisici, ci concentriamo, cerchiamo di svuotare la mente ed essere presenti nel qui ed ora, ma non sappiamo quando mai proveremo uno stato di consapevolezza come quello descritto sopra…semplicemente prima o poi capita! Molto spesso nemmeno cerchiamo questa dimensione di consapevolezza profonda ma alla stragrande maggioranza degli arrampicatori bastano la bellezza e la gratificazione del gesto fisico e della sua potenza, e soprattutto la conquista di un risultato tangibile, di una vittoria, identificate come unico fine del nostro arrampicare. Per molti probabilmente l’arrampicata è solo questo, una disciplina fisica sportiva e tanto basta…ma per molti altri, almeno all’inizio, l’arrampicata rappresentava molto di più e con il tempo la sola fisicità diventa una prigione, catene che lasciano inespresse le molte potenzialità di questa attività.
Non importa capire cosa sia l’arrampicata nella sua forma esteriore e nelle sue diverse tipologie: arrampicata sportiva, bouldering, vie in montagna, alpinismo, ecc ecc. sono solo fiumi alternativi che sfociano nello stesso mare. Utilizzando il nostro corpo affrontiamo i nostri limiti, non in lotta ma in armonia con la natura, impariamo a conoscerci meglio. Iniziamo questa salita lungo la roccia che in realtà è un’ascesa nella nostra coscienza, nel nostro essere. Non è infatti, un caso che molti alpinisti ed arrampicatori da sempre si siano avvicinati allo yoga, al buddismo Zen, al Tai Chi o ad altre discipline orientali il cui impianto filosofico altrettanto bene permette di comprendere e dare un significato più autentico alla spinta che ci spinge inevitabilmente su queste piccole o grandi pareti, alla ricerca di qualcosa di cui spesso non sappiamo nemmeno cosa è realmente.
…ed è proprio lo yoga che ci viene in aiuto e l’ashtanga yoga di Patanjali ci può aiutare a prendere una maggiore consapevolezza della natura yogica dell’arrampicata


Le otto membra dello yoga in arrampicata
Nel mondo dell’arrampicata discussioni sull’”etica” infervorano spesso gli animi! L’etica utilizzata in una salita, la veridicità delle informazioni riportate e dei risultati conseguiti, il rispetto della roccia … sono solo alcuni esempi che avvicinano l’arrampicata alle prime due membra dell’Ashtanga yoga: Yama e Niyama.
Ahimsa, la non violenza intesa verso il proprio corpo, il non forzarlo oltre le sue possibilità; Satya, la verità sia nel riconoscere i propri limiti sia come onestà nel comunicare i propri risultati e le proprie salite; Asteya, il non rubare nel senso di non utilizzare metodi di progressione scorretti; Brahmacharya, la moderazione nel non volersi spingere troppo al di là dei propri limiti sia fisici sia affrontando itinerari molto al di là delle nostre capacità e infine Aparigraha, il non attaccamento verso il semplice risultato di un grado di difficoltà raggiunto ed archiviato per vivere l’arrampicata principalmente come un’occasione di felice crescita personale.
Considerando i Niyama…Sauca, la pulizia principalmente della roccia, degli itinerari e della natura; Santosha, la gioia e l’appagamento nell’arrampicata indipendentemente dal risultato; Tapas, la passione profonda e la disciplina nel prepararsi ed allenarsi; Svadhyaya, lo studio distaccato dei propri limiti fisici e mentali, delle proprie emozioni e motivazioni e Isvara Pranidhana, la consapevolezza della grandezza, potenza ed immensità di ciò che ci sta intorno e delle sue leggi, a partire del contesto naturale meraviglioso in cui si realizzano molte attività arrampicatorie. Il terzo passo, le Asana, sono sicuramente il passo più scontato…da un punto di vista superficiale e strumentale le asana ci aiutano ad ampliare le nostre capacità motorie incrementando la flessibilità del corpo, aiutano a prevenire molti tipici infortuni o anche solo ci permettono di riequilibrare una postura che l’arrampicata tende frequentemente a sbilanciare. Da un punto di vista più approfondito, la consapevolezza del corpo e la focalizzazione richiesta durante l’esecuzione delle asana ci insegna ad utilizzare questa stessa consapevolezza per i movimenti richiesti nell’ascesa, aumentando la nostra concentrazione e mantenendoci fissati sul “qui ed ora”, avvicinandoci fin da subito ad una meditazione in movimento. Questo evidente contatto tra l’arrampicata e la pratica delle posture yogiche è spesso anche il rischio maggiore che molti arrampicatori corrono nell’avvicinarsi allo yoga. Infatti spesso la bellezza delle forme esteriori, dello spingere il corpo ai propri limiti nell’asana e la disciplina necessaria per eseguirle blocca il cammino yogico a questo livello, e la pratica si trasforma solo in un mero, per quanto gratificante, esercizio fisico. Anche il quarto ramo, il Pranayama, può essere inteso su due livelli nel momento in cui lo si applica in arrampicata. Il primo livello è ancora volto ad aiutarci a diventare climbers migliori: le tecniche di respirazione ossigenano il corpo, aiutano il recupero, ci permettono di calmare paure e stress, per essere più calmi e focalizzati nella salita. Il secondo livello ci porta invece più in profondità nel senso yogico del Pranayama: anche in arrampicata, possiamo dirigere e controllare ad un livello più profondo la nostra energia vitale, per portarci sempre più in uno stato interiorizzato della mente. In aggiunta alle tecniche di pranayama più “statiche” (respiro yogico completo, Nadi Shodhana, Viloma ecc.) ed analogamente ad alcune tradizioni e stili yoga, anche in arrampicata pranayama come l’Ujjayi diventano molto importanti per trasformare la progressione fisica in un vero Vinyasa, in cui corpo, respiro e mente rispondono all’unisono e sempre di più si preparano alle fasi successive.
Quindi, eccoci infine agli ultimi rami del nostro cammino lungo lo yoga di Patanjali: l’interiorizzazione dei sensi e della mente per arrivare ad uno stato di concentrazione sempre più duraturo e alla meditazione…un fluire dal Pratyhara, verso Dharana ed infine Dhyana. Anche in questo caso, potremmo sicuramente dire che le diverse tecniche che abbracciano questi tre rami (ma sovente solo i primi due) e che vengono comunemente già definite comunemente “meditazione” sono esercizi fondamentali per combattere lo stress, la paura, l’ansia ed indurre stati d’animo sereni e positivi, nell’arrampicata così come in qualunque ambito della nostra vita. Ma lo yoga non è solo questo…e l’arrampicata nel suo significato profondo nemmeno! Ritorniamo all’inizio di questo articolo, la descrizione di quei brevi, intensi attimi che nella nostra percezione viviamo con tutto il nostro essere, in serenità e presenza completa nel “qui ed ora”… attraverso i movimenti consapevoli del nostro corpo e il nostro respiro controllato, la focalizzazione mentale l’arrampicata viaggia sulle onde di un particolare Pratyhara, per approdare ai lidi di Dharana e ad una vera e propria meditazione in movimento.  
E’ qui che riscopriamo chi siamo, il significato che questa passione ha nella nostra vita e, negli infiniti istanti in cui ci muoviamo sulla roccia, possiamo essere solamente noi stessi. E siamo felici.





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