Valbond!


Articolo pubblicato nell'introduzione della guida: Valbondione Boulder 

Alla Ricerca del Misterioso Kadath

27 luglio 2015. 15 anni…15 anni sono passati da quando, in questo stesso letto in cui ora scrivo, riflettevo frustrato sull’ennesima giornata passata a tentare invano “La morte nera”. Un simbolo della valle dei mulini, la sua via più difficile allora… ma soprattutto il fascino di una via “dei vecchi tempi” con quel suo profumo mistico, gli aneddoti e gli episodi che rendevano quasi leggendaria la sua realizzazione…e che la rendevano una sorta di testimone, offerto alla mano della nuova generazione di arrampicatori a cui appartenevo.
Un risultato mai raggiunto. Una delusione ancora più bruciante delle dita spellate dai tentativi; ma soprattutto la presa di consapevolezza di aver perso qualcosa negli anni…quell’entusiasmo, quella gioia e quella volontà che solo l’arrampicata sapeva darmi. La fine di una prima fase della mia vita di arrampicatore…

Novembre 2000. Dalla fine di quell’estate frustrante nella mente mi rimbomba come un mantra un nome: “Valbondione…Valbondione…”. Massimo (Grassia) mi aveva incitato ad andarci: ‘’Ti vedo portato per il boulder, vai a Valbondione. Ho aperto qualche passaggio ma c’è ancora moltissimo da fare’’…
Vado.
E’ un sabato di pioggia e sono solo. Sulla schiena si affloscia un specie di materassino di dubbia utilità. Dispersi in soffitta ho trovato dei pannelli simili a gomma piuma compatta, che le abili mani della nonna hanno avvolto e cucito in un telo semi-impermeabile al quale ha collegato una fettuccia per il trasporto. Il mio primo crash pad! Tuttavia, inutile verificarne l’efficacia…è tutto bagnato…
Non importa.
Scendo il sentiero che dalla strada porta al fiume e al ponticello. Diversi massi in vista, nel prato. Sopra alcuni di essi diverse frecce verniciate marchiano passaggi esistenti ormai da anni. Voglio credere che essi rappresentino di nuovo un testimone che i protagonisti della precedente storia arrampicatoria mi stanno offrendo…e questa volta non voglio lasciarmelo sfuggire.
Davanti ai miei occhi si spalanca un sogno scritto nella roccia. Un dono del dio della montagna che ha sparso nel fondovalle qualche granello dei monti circostanti. Ovunque massi, praticamente per lo più vergini…nel prato, sul pendio, nella pietraia e nel boschetto. Ovunque linee da salire, da tracciare, da svelare. Uno sguardo al di là dal fiume lascia intravedere qualcosa…e pochi minuti dopo ecco la scoperta della radura, con la sua serenità e dolcezza, condite da massi dalle linee meravigliose.
Rinascita.

Febbraio 2001. A Valbondione è nevicato e ogni masso è coperto da almeno 10 cm di neve. Con Flavio (Rota) ci facciamo strada verso la radura per vedere se c’è qualcosa di arrampicabile. Pochi giorni prima abbiamo fatto boulder insieme per la prima volta in Valtellina, scortati dal Pavaz (Andrea Pavan) che entusiasta ci ha guidato sui blocchi da lui scoperti sopra Morbegno. Speriamo che Flavio sia abbastanza gratificato da quello che ho trovato qui. Da mesi gli rompo le balle con Valbondione…ma non c’è altra persona con cui vorrei condividere l’emozione di questo primo giorno di scalata. E appena vede…
Neve su tutti i sassi…non fa niente. La spazzola la rimuove il più possibile per poi togliere il vestito muschioso di questa bellissima linea, che non vede l’ora di concedersi a noi.
Il magnesio cerca di asciugare l’asciugabile e la roccia fa un po’ la difficile, rigettandoci a terra…giusto per mantenere un pizzico di austerità ed intrigarci sempre più. Ma non può resistere a lungo: con un ristabilimento nella neve, nasce “Primo Svaso”… un nome probabilmente banale ma che per noi non potrà mai essere più carico di significato. Il sole nel frattempo illumina l’altro lato del fiume dove ci fiondiamo per ripetere i passaggio “frecciati” sul masso nel prato. Tempo un paio d’ore e con i raggi del sole che si divertono a rimbalzare sulla neve eccoci a salire a petto nudo tutto ciò che troviamo…con la vivacità e l’irruenza di un bambino curioso.
Il primo giorno a Valbondione…il primo di una lunga serie che si è protratta ininterrottamente per almeno i successivi 5 anni.

Giorno dopo giorno…oltre alle ripetizioni dei primi blocchi di Andrea Savonitto e quelli di Massimo (tra i quali “Puma” e “Ptow”), continuano le opere di pulizia frenetica.
Paolo (Cattaneo) si è immediatamente unito a me e Flavio, creando un trio di grandi amici, che hanno visto crescere e fortificare il loro legame proprio tra questi massi…“Moon in the Scorpio”, “Crack”, “Hic sunt leones”, “Conan”…sono solo alcune delle prime linee che una dopo l’altra nascono e ci spronano a continuare.
Nel frattempo, la casa delle vacanze di Paolo a Valgoglio diventa una sorta di quartier generale nel weekend…serate a sparare cazzate e a guardare film d’arrampicata sul buon vecchio VHS, aspettando la successiva giornata di pulizia e scalata. Una sera veniamo stregati da un video americano di boulder…”Free Hueco”…inutile dire quale passaggio nascerà di lì a poco nella grotta subito dopo il ponte.
Il nostro entusiasmo finalmente attrae un buon numero di amici creando presto una comunità affiatata e creativa. Mauro (Rizzi) e Davidone (Manzoni) sono tra i più attivi anche nelle opere di pulizia; a loro si devono linee come “Il bancario” e “Manzotin”. Presto anche il Baistra (Enrico Baistrocchi) e Franz (Spadea) si aggiungono ed è Enrico a ideare e liberare “Il grido di battaglia” e “Capsulite”. Il Malpe (Massimo Malpezzi) e il Pavaz rimangono colpiti dalla qualità dei blocchi tanto da includere Valbondione nella prima guida di boulder della lombardia e del ticino, “Bloc Notes” di Versante Sud.
E via via tutti gli altri…il mitico “Bandito”, il Joker, Marco Rota, innumerevoli amici di Bergamo, Milano e Brescia, i primi visitatori spinti dalle informazioni trovate in rete o per passaparola…

Da soli o in gruppo, estate o inverno Valbondione diventa il microcosmo che alimenta la nostra passione e la nostra vita di arrampicatori; e ci vede crescere. Giornate solitarie e tristi a curare le ferite con un po’ di boulder; giornate concentrate a tentare qualche progetto sostenuti dagli amici; giornate goliardiche a divertirsi in compagnia e a inventarsi qualche cazzata…immagini e filmini che affollano la mente e risvegliano emozioni.
Le gare di monobraccio+birra con il Baistra, la salita di “Capsulite” e “Fly to the Rainbow”, gelide giornate invernali a discendere i pendi ghiacciati su crash-pad slittini o quelle di pioggia passate a riscaldarsi al fuoco sotto il masso di “Crack”, i tentativi sul “Kadath”…
Ogni boulder ed il nome che porta, sono una fotografia impressa nella roccia: momenti, persone, sensazioni che mai potranno essere dimenticati e che da soli danno un senso e una motivazione a ciò che spinge ciascuno di noi ad arrampicare.

Sono ormai anni che non vado più a Valbondione. Come ogni cosa, prima o poi nuove strade e nuove direzioni si aprono per ognuno e quelle vecchie esauriscono il loro scopo. Amici che arrivano o partono, che si perdono e poi si ritrovano, legami che si indeboliscono o si rafforzano…come il nostro livello che a volte sale e a volte scende.
Ma i massi di Valbondione sono sempre lì stabili e immobili…e so bene che in ogni momento saranno come un album da sfogliare…per ricordare e sorridere… perché, senza ombra di dubbio, qui è dove ho passato molti dei miei momenti più felici.

Lo so…che palle…tante parole stile libro “Cuore”...ma non saprei che altro dire.
Sono fatto così.

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